Il troppo umano welfare state. Libertà tra dono e corruzione

Autori

  • Paolo Silvestri

Abstract

La tassazione e la redistribuzione della ricchezza attraverso il welfare state possono essere concepite come un moderno sistema di circolazione del dono? Ma una volta che tale dono viene istituzionalizzato, regolato e sanzionato attraverso meccanismi giuridici, non rischia di essere pervertito o corrotto, e/o di non lasciare spazio a motivazioni genuinamente altruistiche? E ancora: se la logica utilitaristica del mercato può corrompere o “spiazzare” sentimenti o motivazioni altruistiche, cosa ci fa pensare che anche il welfare state non possa essere fonte di corruzione? 

Per spiegare le classiche risposte alle suddette domande e le loro implicazioni, analizzo anzitutto due posizioni opposte, assunte qui come esempi paradigmatici: da un lato, il lavoro di Titmuss e il mai sopito dibattito su di esso; dall’altro, la posizione di Godbout, nella misura in cui mostra come le argomentazioni di Titmuss possano essere facilmente capovolte. Introduco poi e reinterpreto la teoria del “punto critico” di Einaudi come una più complessa e ricca spiegazione antropologica dei problemi e delle risposte qui considerati. 

Attraverso l’analisi di queste posizioni paradigmatiche svilupperò due argomenti interrelati. 1) Il modo in cui questi problemi sono posti e le classiche risposte ad essi sono: a) soggetti a fallacie: la fallacia dicotomica e la fallacia di composizione; b) troppo riduttivi e semplicistici: dovremmo almeno cercare di chiarire di che tipo di “dono” o “corruzione” stiamo parlando, e chi (o “cosa”) sono il “donatore”, il “corruttore”, il “donatario” e/o il “corrotto”. 2) Le risposte a questi problemi non possono essere trovate con un approccio meramente teorico, né possono essere basate solo sull’evidenza empirica; devono invece tener conto della sempre problematica, ambigua e imprevedibile libertà umana. 

Pubblicato

2022-07-05